Il mondo tecnologico è ormai considerato il futuro: ogni persona rincorre l’innovazione per supportare il proprio lavoro, per sfidare le leggi della fisica, per superare i limiti dell’essere umano. Ed è proprio sotto il riflettore dell’inclusività e del sostegno alla disabilità che la tecnologia, se correttamente applicata, è capace di rendere autonomo ogni individuo, ridandogli finalmente il diritto di esistere come persona.
Anche la recente pandemia, che ha portato a una drastica rottura del substrato sociale, costretto a un distanziamento di sicurezza, ha portato molte persone affette da disabilità a ritrovarsi sole in casa, senza il sostegno necessario per prendersi cura di se stesse. Ma la tecnologia è arrivata in loro supporto. Un esempio lampante è dato dall’app “Project Activate”, al momento disponibile in Australia, Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti, che ha reso possibile un’azione tanto basilare quanto essenziale: poter parlare con i propri affetti. Quest’app, nata per sistemi Android, consente di utilizzare una serie di movimenti facciali per avviare un’azione con il telefono, da inviare un testo a effettuare una chiamata: un semplice gesto, questo, capace però di rivoluzionare il sistema comunicativo di una persona disabile, che può finalmente comunicare senza bisogno di intermediari.
Nella nostra nuova quotidianità post pandemica, un’altra grande necessità si è rivelata essere legata all’utilizzo del computer, vera e propria finestra sul mondo, ora utilizzabile in piena autonomia grazie a sistemi tecnologicamente all’avanguardia come il “Disability Mouse”, progettato per accompagnare nell’utilizzo del pc chi ha disabilità motorie agli arti superiori, oppure “Helpmini”, una tastiera da scrivania molto simile a quelle più comuni, che si presenta con dimensioni ridotte ed è pensata per chi ha scarso movimento della mano e poca forza per digitare. Per non parlare, poi, del mondo degli assistenti virtuali.
Ma il supporto tecnologico alla disabilità è arrivato ad essere funzionale anche in campo pratico. Basti pensare al progetto “ADA”, acronimo di “Assistive Dexterous Arm”: un braccio robotico messo a punto dai ricercatori della Washington University per aiutare disabili e invalidi a mangiare in autonomia. Così come per “Lookout”, un’applicazione che aiuta le persone con disabilità visive ad avere una maggiore autonomia in casa: lo smartphone può essere puntato in una direzione e “Lookout” offre una descrizione vocale dell’ambiente e degli oggetti inclusi grazie alla sua intelligenza artificiale.
Questi esempi dimostrano che quando la creatività umana si mette al servizio della collettività è davvero evidente e lampante come il mondo possa trasformarsi in un’isola felice, dove tutti possono vivere insieme all’insegna dell’inclusività e dell’autonomia. Perché tutti abbiamo il diritto di esistere, sfruttando le opportunità messe in campo per vivere una vita migliore.